La legge n. 76/2016, c.d. Legge Cirinnà, all’art.1 dai comma 36 al comma 67, disciplina la tutela giuridica rivolta alle c.d. coppie di fatto.
Il presupposto per l’applicazione della legge è la “convivenza di fatto” cioè l’esistenza di due persone dello stesso sesso o di sesso diverso, maggiorenni, che siano “ unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimoni o da un’unione civile”.
La recente legge ha attribuito ai conviventi la facoltà di regolare i propri rapporti patrimoniali mediante un contratto di convivenza, le cui regole di costituzione, modifica, risoluzione, prevedono l’atto pubblico o la scrittura privata autenticata con l’assistenza di un notaio o di un avvocato che ne deve valutino la conformità alle norme imperative e al diritto positivo.
L’oggetto di tali accordi può essere il più vario:
- reciproca assistenza,
- premorienza di uno dei due conviventi,
- casa di comune residenza,
- regime patrimoniale prescelto,
- le modalità con le quali ciascun componente è chiamato a contribuire alle necessità della vita comune.
Sottoscritto il contratto, entro dieci giorni dalla sua stipula, gli avvocati e i notai lo comunicheranno nell’anagrafe di residenza dei conviventi affinchè lo stesso acquisti efficacia nei confronti dei terzi.
Perché sottoscrivere un patto di convivenza?
Dal contratto di convivenza nascono dei veri e propri obblighi giuridici a carico delle parti che legittimano la parte non inadempiente a rivolgersi al giudice per ottenere quanto le spetta.
Alcuni accordi sono destinati a disciplinare i rapporti tra i conviventi proprio a partire dalla cessazione del rapporto di convivenza: si pensi a tutti gli accordi che fissano le modalità per la definizione dei reciproci rapporti patrimoniali in caso di cessazione della convivenza e la divisione dei beni comuni.
…e come fare a sciogliersi dal contratto?
Semplice, la risoluzione del patto di convivenza è sempre permessa e può aversi, tra le varie ipotesi, con un dichiarazione di recesso unilaterale ricevuta o autenticata da un notaio o da un avvocato.
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