IL CASO.
Un uomo avente pessimi rapporti con l’ex compagna – e madre di sua figlia – pubblica un post offensivo su Facebook.
Consequenziale, è la condanna dell’uomo a «150 euro di multa» per «diffamazione», con annesso «risarcimento danni» all’ex compagna, quantificato in «300 euro».
LA DECISIONE.
I Giudici del Palazzaccio RITENGONO evidente che sia indiscutibile che «la pubblicazione di contenuti su una “bacheca” Facebook costituisce una forma di comunicazione con più persone utilizzando tale social network».
Per i Giudici, difatti, «si può affermare …, proprio con riferimento ai messaggi ed ai contenuti diffusi tramite Facebook, che la diffusione di un messaggio diffamatorio attraverso l’uso di una bacheca Facebook integra un’ipotesi di diffamazione aggravata, poiché trattasi di condotta potenzialmente capace di raggiungere un numero indeterminato o comunque quantitativamente apprezzabile di persone».
Tirando le somme, si deve presumere «la sussistenza del requisito della comunicazione con più persone qualora l’espressione offensiva sia inserita in un supporto per sua natura destinato ad essere normalmente visionato da più persone».
E non vi è dubbio, concludono i giudici della Cassazione, che «la funzione principale della pubblicazione di un messaggio in una bacheca o anche in un profilo Facebook sia la condivisione di esso con gruppi più o meno ampi di persone, le quali hanno accesso a detto profilo».